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Serve assecondare la naturalità dei corsi d'acqua, prevedendo aree allagabili capaci di accogliere le quantità di acqua superiori alla norma.

La Provincia di Siena si è risvegliata domenica scorsa con la strana sensazione di una tragedia sfiorata. Dopo le intense piogge che da venerdì flagellavano la campagna e i boschi del territorio senese, i fiumi hanno tracimato in più punti coinvolgendo i territori dell'Arbia, dell'Ombrone, la val di Merse e la val d'Elsa. I danni sono stati contenuti e fortunatamente non vi sono state vittime, ma in tutta la provincia si sono mostrare le falle del sistema dei Consorzi di Bonifica e del governo regionale.

A fronte di una piovosità complessiva di circa 100 mm di pioggia (registrata dai numerosi pluviometri sparsi nel territorio provinciale), i fiumi si sono ripresi gli spazi precedentemente tolti per mano dell'uomo. Buonconvento si è svegliata con le idrovore al lavoro e gran parte della valle sotto metri d'acqua, alcune persone sono rimaste intrappolate dal fiume a Brenna, torrenti nei campi di Siena e circondario, allagamenti in Val d'Elsa.

Dopo gli alberi rasi al suolo, gli argini sbancati e modificati, gli interventi di bonifica da centinaia di migliaia di euro, qual'è il risultato? Il risultato non si discosta di molto da ciò che è avvenuto il 2015 dove i danni furono molti di più ma anche le piogge molto più intense e violente (tra i 200 e i 300 mm di pioggia di cui buona parte concentrata in una manciata di ore). Cosa sarebbe accaduto, oggi, con la stessa quantità di precipitazioni?

Il WWF, che da anni critica i metodi con i quali i Consorzi e la Regione operano nel territorio, chiede una revisione profonda dei piani di gestione. È necessario un cambio di rotta. L'ossessione per il taglio a raso della vegetazione lungo le rive dei fiumi non solo non ha alcuna giustificazione scientifica, ma è gravemente dannosa per l'erosione delle sponde e il dissesto idrogeologico, compromettendo allo stesso tempo la funzionalità ecologica dei corsi d'acqua, in modo spesso irreversibile. Secondo gli approcci di gestione più avanzati, serve invece assecondare la naturalità dei corsi d'acqua, prevedendo aree allagabili, o casse di espansione, capaci di accogliere le quantità di acqua superiori alla norma, secondo un approccio conservativo perfettamente compatibile con la tutela degli ecosistemi. La vegetazione inoltre smorza la velocità dell'acqua rendendo meno distruttive e pericolose le piene ed impedisce l'erosione del suolo e delle sponde.

Le piene e le alluvioni ci sono sempre state e ce ne saranno sempre di più, a causa anche dei cambiamenti climatici e dell'impermeabilizzazione dei suoli indotta delle attività umane. Diffondere nel territorio la conoscenza delle dinamiche fluviali e del rischio idraulico, imparare a comprendere un fiume e a convivere con esso sono le vere sfide politiche e di gestione. Gli enti preposti non vogliono o non sanno fare.

Il WWF Siena si chiede con quale dignità tecnica si possa magnificare le opere delle attività consortili, speculando su mancati disastri senza alcun riscontro scientifico: sarebbe questo il metodo con cui si rendicontano le scellerate opere degli ultimi anni? Quello che appare evidente è che quando, per puro caso, non accade il peggio i furbi della politica si attribuiscono i meriti; quando accade un disastro accusano terzi, assolvendosi da ogni responsabilità.

Il WWF ancora una volta auspica un cambio di passo per evitare il peggio, per l'uomo, la natura e l'economia del territorio.

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